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AGRIVOLTAICO IN ORTICOLTURA

Elementi tecnico/agronomici per orientarsi nella scelta dei pattern di posizionamento dei pannelli e nella scelta delle colture.

Dr Domenico SOLANO – Divulgatore Arsac-Calabria – Rappresentazioni grafiche Arch. Salvatore BARBARO

Il finanziamento degli investimenti in agrivoltaico previsti dal PNRR – 1,7 Miliardi di € – sono un’ottima occasione per dare slancio e concretezza a quest’innovativa modalità per ottimizzare l’uso del suolo. Ma per dare attuazione al progetto è altresì necessario che siano finanziate ricerche e sperimentazioni per sostenere lo sviluppo e la gestione di questa nuova tecnologia. Ad oggi, la ricerca sull’agrivoltaico è limitata a studi modellistici, a prove su impianti fotovoltaici a terra e a poche sperimentazioni su impianti agrivoltaici dimostrativi.

Gli imprenditori agricoli disposti ad investire sull’agrivoltaico hanno bisogno di indicazioni  tecnico/agronomiche che li orientino nelle molteplici scelte connesse sia alla parte tecnologica che alla parte agronomica degli impianti.

In riferimento alla parte tecnologica, oltre che alle specificità delle varie tipologie fotovoltaiche – silicio monoscristallino, s. policristallino, s. amorfo, pannelli bifacciali etc etc – e le implicazioni sulle variabili produttive di efficienza e rendimento, gli imprenditori sono interessati alle indicazioni necessarie per un’ottimale configurazione  nella disposizione dei pannelli ed alla più opportuna intensità d’investimento (superfice pannelli/superficie agraria )

Peraltro, va precisato che, nel rispetto delle linee guida ministeriali, il LAOR dell’investimento agrivoltaico – ossia il rapporto tra l’estensione dei pannelli e la superfice agricola dev’essere inferiore al 40% (= 4.000 m2/ha).

In riferimento alla parte agronomica gli imprenditori hanno bisogno di supporto per le scelte inerenti le colture più adatte e le tecniche colturali più idonee. Le considerazioni che seguono sono riferite alle colture orticole in pieno campo, si rimanda ad approfondimenti specifici per le colture arboree e per quelle in serra.

Preliminarmente ad ogni considerazione, va evidenziato che in orticoltura, le scelte colturali sono solitamente condizionate dall’andamento dei mercati più che di qualsiasi altra variabile. Cosa produrre, quanto, quando e come farlo, è condizionato molto di più dall’andamento dei consumi che non dalla possibilità di coltivare in particolari condizioni, ivi compreso in agrivoltaico. Ciò non di meno è opportuno che l’imprenditore agricolo valuti i vari elementi che influenzano i diversi aspetti della produttività.

Va altresì considerato che l’azione della luce sui vegetali, al di sopra di una certa intensità, determina conseguenze negative. Infatti, gli eccessi di luce causano fenomeni  di  fotoinibizione e fotossidazione,  particolarmente  gravi  ed associate a temperature molto elevate, determinano  “stress termico” delle colture. Le  piante  sottoposte  a  stress  termico  patiscono  sia  danni sia diretti,  come  le scottature necrotiche, che indiretti, come l’eccessiva perdita di acqua, sotto forma di vapore, necessaria per attivare i meccanismi di termoregolazione, ma che mandando la pianta in deficit idrico.

La produzione elettrica/agronomica in agrivoltaico presenta un’ampia gamma di soluzioni ricomprese tra i due estremi nei quali prevale l’interesse per una delle due produttività consociate – quella agricola da una parte, quella elettrica dalla parte opposta.

Nel primo caso l’investimento è volto a privilegiare la produttività orticola, non ci sono vincoli e/o limiti nella scelta delle specie, e le coltivazioni vengono effettuate in aree libere delimitate da pannelli fotovoltaici disposti verticalmente. In questo caso, la presenza dei pannelli non limita la coltivazione ma al contrario, la protegge dagli effetti dei movimenti d’aria. Di contro la produzione elettrica è sensibilmente più contenuta rispetto ad altre soluzioni (pannelli orizzontali, inclinati etc).

Nel secondo caso, al contrario, l’investimento privilegia la produttività elettrica, i pannelli vengono disposti in posizione orizzontale o inclinata verso Sud e possono essere fissi o mobili, con meccanismo che ne varia inclinazione ed orientamento in modo da seguire l’andamento solare e posizionarli in modo ottimale per essere il più possibile ricettivi della luce diretta. Di contro la produzione orticola è limitata alle specie ombrofile o che comunque richiedono un certo grado di ombreggiamento ed è più contenuta rispetto a quella elettrica.

E’ ovvio che tra i suddetti poli opposti, vi siano tutta una serie di soluzioni intermedie nelle quali le attenzioni per le due produttività sono più equilibrate.

Il pattern dei pannelli, ossia la loro disposizione spaziale sulla superficie, ha profonde ripercussioni sulla produttività agricola del suolo. La scelta del pattern, in base ai diversi tipi di colture, è elemento indispensabile per ottimizzare l’efficienza del sistema agrivoltaico.

Le variabili sono molteplici ma per ovvie necessità di sintesi ci si sofferma sui principali modelli concettuali.

 Pannelli sulla fila con orientamento Nord Sud

Hanno la particolarità di fornire ombra alla coltura nel momento di massima insolazione, quando l’eccesso di luminosità porta al punto di saturazione e determina un abbattimento dell’efficienza vegetale. Infatti, l’eccesso di luminosità porta al surriscaldamento della pianta, provoca la rottura dei pigmenti ed il danneggiamento dell’apparato fotosintetico. Il tutto si traduce in dispendio energetico, per dissiparne gli effetti, nonché in danni fisici di scottature e ustioni, con conseguente deprezzamento delle produzioni.

I pannelli determinano anche una difesa fisica della coltura con protezione dalla grandine  e dalle conseguenze fitosanitarie della rugiada.

Pannelli sulla fila con orientamento Nord Sud Visualizzazione dell’ombrosità 1) Mezzogiorno; 2) Mattina; 3) Pomeriggio

Pannelli a porosità diffusa

I pannelli sono disposti a scacchiera, con alternanza vuoto/pieno, oppure in strisce lineari di larghezza variabile, con orientamento Est/Ovest

E’ una disposizione che determina un abbassamento di luminosità diffuso su tutto il sistema vegetale sottostante. Non determina un’incidenza focalizzata bensì un pressocchè omogeneo abbassamento dell’intensità luminosa. E’ una soluzione idonea ad essere utilizzata nelle aree geografiche e nelle condizioni di esposizione nelle quali si verifica un eccesso di radiazione. Questa disposizione dei pannelli determina un abbassamento dell’intensità luminosa incidente sui vegetali sottostanti, del tutto simile a quello causato dai teli antigrandine. Anche per questa analogia è ragionevole supporre che si determinino, almeno parzialmente, gli stessi effetti in merito alla diminuzione dei danni derivanti da vento, stress idrico, eccesso luminoso, scottature, abbassamenti termici e poggia battente.

– Pannelli a porosità diffusa Visualizzazione dell’ombrosità l) Mezzogiorno; 2) Mattina; 3) Pomeriggio

Pannelli in copertura semitrasparente

La coltura si presenta completamente ricoperta da un “tendone” di pannelli in film sottile – 0,3 micron (0,0003 mm) – di silicio amorfo, supportato da una struttura trasparente o disposto come intercapedine tra due lastre trasparenti.

I pannelli sono semipermeabili alla luce, ne assorbono una quota parte e si lasciano attraversare dalla rimante. Il grado di assorbimento luminoso e conseguentemente di ombrosità sottostante, è un parametro da impostare in rapporto alle scelte di privilegiare l’una o l’altra delle produzioni elettrica/agraria. L’effetto finale e quello di una ombrosità diffusa, di intensità omogenea, assimilabile a quello determinato dalla copertura con le reti antigrandine.

Pannelli in copertura semitrasparente Visualizzazione dell’ombrosità l) Mezzogiorno; 2) Mattina; 3) Pomeriggio

Pannelli verticali

L’effetto più importante che si determina nelle colture è la funzione “frangivento” con riduzione dello scorrimento dell’aria sulla superficie con conseguente riduzione dell’evapotraspirazione reale.

Nei terreni chiari e/o in altre condizioni con elevati valori di albedo – luce riflessa dalle superfici circostanti – sono da preferire i pannelli bifacciali che permettono di sfruttare al meglio le caratteristiche ambientali e di catturare energia anche in condizioni di cielo nuvoloso o di bassa insolazione diretta, offrendo così una maggiore stabilità e affidabilità nella produzione energetica.

Quella dei pannelli verticali è ritenuta la disposizione fotovoltaica meno invasiva, ottimale per la combinazione con la produzione orticola pressoché svincolata da ombreggiamenti.

Pannelli verticali Visualizzazione dell’ombrosità l) Mezzogiorno; 2) Mattina; 3) Pomeriggio

Le problematiche dell’agrivoltaico sono troppo recenti per poter sperare nel reperimento di specifici lavori di ricerca e sperimentazioni in campo. Stesso discorso vale per l’assenza dimostrazioni pratiche ed esperienze consolidate. Pertanto, per orientarsi nelle scelte tecnico-agronomiche, si rende opportuno dare massima considerazione alle conoscenze di botanica, agronomia e fisiologia vegetale.

Vanno considerate le caratteristiche produttive dei vegetali in funzione della luce e delle altre variabili ambientali modificate dalla presenza dei pannelli. Infatti, tra i vantaggi generali conseguiti con l’agrivoltaico vi sono certamente quelli relativi al risparmio d’acqua e conseguente difesa delle colture dagli stress idrici, protezione dal vento e dagli effetti delle derive di salsedine e sabbia, parziale protezione dalle gelate e dagli effetti della pioggia battente.

In  riferimento  alla  fisiologia  vegetale,  va  considerato  che  la PAR  – Photosynthetically Active Radiation – ossia la Radiazione Fotosinteticamente Attiva  –  rappresenta  il 41% dell’energia  totale  che  ci  giunge  dal  Sole  ed  è quella intercettata dalla clorofilla. In buona sostanza, la quota disponibile per la fotosintesi clorofilliana è una parte minoritaria della luminosità proveniente dal sole, la gran parte, il restante 59% , non è di alcuna utilità per i vegetali ma, al contrario crea danni da evitare. Peraltro, va precisato che la PAR è inclusa nello spettro  del  visibile,  ossia  nelle  radiazioni  solari  che  vanno  dai 400 ai 700 nanometri (nm) ed è compresa tra le bande del violetto e del rosso.

Da studi specifici emerge che metà della luce che colpisce le piante sarebbe sufficiente a saturarne la fotosintesi. Non solo, si calcola anche che il 10% di tutti i carboidrati sintetizzati sia utilizzato dai vegetali per riparare i fotodanni, causati dall’eccesso di luce solare. Risulta dunque evidente che una riduzione dell’irraggiamento, nei momenti giusti, creerebbe condizioni migliorative per la produzione vegetale.

Da quanto detto, emerge in tutta chiarezza che, soprattutto alle latitudini meridionali e nelle condizioni di favorevole esposizione delle superfici l’agrivoltaico può agevolmente combinarsi con la gran parte delle comuni specie orticole.

Nei casi di più intenso investimento della copertura, nelle latitudini settentrionali e nelle esposizioni a Nord del piano di campagna, le specie più indicate per l’agrivoltaico sono le cosiddette piante sciafile. Piante che non abbisognano di esposizione al sole, ma che al contrario si avvantaggiano dell’ombra che le metta al riparo dalla luce diretta.

Tra le specie sciafile di interesse agricolo vi sono scalogno, cipolle, rape, aglio, rucola, lattuga, fagioli, crescione, cetrioli, zucchine, patate, luppolo, spinaci, insalata, fave.

Altre specie pur non essendo espressamente sciafile, non risentono di una moderata riduzione della radiazione solare diretta e tra queste, segale orzo, avena, colza, piselli, asparago, carota, ravanello, porro, sedano, finocchio.

Rispetto alle interazioni tra i due sistemi, in riferimento alle specie da foglia – rucola, lattuga, spinaci e verdura in generale – vanno anche considerate le influenze sugli aspetti qualitativi delle produzioni agricole. Infatti, un abbassamento dell’intensità luminosa nella loro coltivazione determina caratteristiche, di acquosità, tenerezza ed attenuazione del verde, molto apprezzate dai mercati e dai consumatori.

Le colture orticole, rispetto a quelle fruttifere ed agli allevamenti zootecnici, rappresentano la linea di frontiera per le produzioni in agrivoltaico. A fronte di plurime convergenze in merito alla possibilità di concretizzare le grandi potenzialità produttive, permangono dubi e perplessità per l’applicazione su larga scala di questa innovazione colturale/tecnologica. Le particolari esigenze colturali, anche in ordine alla libera lavorabilità delle superfici, la rilevante intensità di investimento necessaria ad entrambe le produzioni, la delicatezza e le problematicità dei cicli produttivi in orticoltura, consigliano un approccio graduale e prudente a questo tipo di innovazione.

Articolo in formato PDF

Dr agr Domenico SOLANO

  • Linee guida sull’agrivoltaico  2022 – Pubblicate dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica;
  • D.ssa Chiara Gallo – Università di Bologna  Reti fotoselettive in frutticoltura: ce n’è per tutti i colori -Divulgazione scientifica AgroNotizie 10 Agosto 2022;
  • Tesi di Laurea d.ssa Martina DEPLANO – anno 2022– relatore prof. Arturo LORENZONI “AGRIVOLTAICO SOSTENIBILE Stato dell’arte e potenziali applicazioni in Veneto. Università degli Studi di Padova;
  • Luca Corelli Grappadelli – Professore ordinario Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro- Alimentari Università di Bologna
  • Foto copertina riferimenti  https://www.qualenergia.it/pro/articoli-pro/quali-colture-adatte-agrovoltaico-in-italia/

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Publicato da Arsac Ufficio Marketing Territoriale

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