La FAO e la biodiversità
Come è noto, il primo rapporto della FAO (Food and Agricolture Organization, febbraio 2019) sullo stato della biodiversità dei sistemi alimentari denuncia la riduzione della diversità delle specie coltivate, un numero elevato di razze di animali a rischio d’estinzione e l’aumento della percentuale di risorse ittiche sovra-sfruttate. Delle circa 6.000 specie di piante coltivate per il cibo, meno di 200 contribuiscono in modo sostanziale alla produzione alimentare globale delle quali solo nove rappresentano il 66% della produzione totale. Per queste ragioni è necessario recuperare la biodiversità dei sistemi alimentari in ogni angolo della terra. L’accesso al cibo è un diritto di tutti e, per il futuro, la sfida che ci attende è quella di produrlo di buona qualità con tecniche sostenibili conservando la biodiversità agricola; da qui l’importanza della sua conservazione in situ e la successiva valorizzazione con tecniche agronomiche e con sistemi di difesa delle piante in una rigorosa visione di sostenibilità ambientale. A tale scopo, il nostro Paese si è dotato della legge n. 194 del 1° dicembre 2015 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” mentre in Calabria è in vigore la Legge regionale n. 14 del 25 maggio 2018 “Tutela, conservazione, valorizzazione della diversità del patrimonio di varietà, razze e ceppi microbici di interesse agrario e alimentare del territorio calabrese”. In questo ambito normativo l’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC) è impegnata nel censimento della biodiversità in una regione come la Calabria ricca di biodiversità naturale e agricola, con tre Parchi Nazionali: Pollino, Sila e Aspromonte e altre aree regionali protette.
La biodiversità dei legumi calabresi
Tra il grande numero di specie, varietà ed ecotipi vegetali – in molti casi recuperati e rilanciati spiccano le leguminose da granella (fagioli, ceci, lenticchie, ecc.) che, grazie all’elevato contenuto proteico (dal 20 al 38% di sostanza secca), da sempre sono alla base dell’alimentazione umana, tanto che l’ONU ha dichiarato il 2016, l’Anno Internazionale dei Legumi allo scopo di rilanciarne la coltivazione e il consumo a livello planetario. Le leguminose hanno, inoltre, un grande valore ambientale grazie alle loro radici che hanno un rapporto simbiotico con dei batteri del genere Rhizobium, che sono in grado di fissare l’azoto atmosferico, gassoso, trasformandolo in forme (nitrico ed ammoniacale) assimilabili dalle piante che rimane in parte nel terreno a disposizione delle colture che seguono nella rotazione. In altre parole, forniscono una concimazione azotata naturale, gratuita, a impatto ambientale nullo ed alternativa alla concimazione azotata con prodotti chimici di sintesi. L’ARSAC, negli ultimi anni, tra i tanti progetti svolti in collaborazione con diverse e prestigiose Istituzioni di ricerca (Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Bari, CREA-Centro Ricerca per l’Orticoltura di Pontecagnano (SA), Università Mediterranea di Reggio Calabria, ENEA, ecc..), sul territorio regionale ha censito oltre 100 ecotipi locali di fagioli ai quali si aggiungono altri ecotipi di cece e di lenticchia, che risultano perfettamente inseriti nelle condizioni pedo-ambientali delle rispettive aree di origine. Tutti gli ecotipi sono stati caratterizzati per gli aspetti morfologici e genetici e considerati per le loro potenzialità agronomiche e commerciali. Infatti, alcuni di questi ecotipi, come il Fagiolo Poverello Bianco a marchio De.Co dell’area del Pollino, i Fagioli Merulla a marchio De.Co dell’Altopiano Silano, il Fagiolo Monachella dell’alto Lametino, il Fagiolo di Cortale dell’area Catanzarese (comuni di Maida, Cortale, Girifalco, ecc.), la Sujaca di Caria di Drapia del Vibonese (Altopiano del Poro), la Lenticchia di Mormanno, il Cece Nostrano, il Fagiolo seccagno, ecc., da tempo studiati, valorizzati e rilanciati dall’ARSAC, sono già conosciuti ed apprezzati dai consumatori e hanno un interessante mercato di nicchia. In ogni caso, gli ecotipi di fagioli, ceci e lenticchie censiti, per le loro caratteristiche di biodiversità e di qualità, rappresentano un grande patrimonio per la Calabria e le risorse finanziarie della nuova programmazione 2021-2027 che potrebbe prevedere l’attivazione di micro filiere – anche e soprattutto attraverso i Gruppi di Azione Locale (GAL) – può essere una occasione per rilanciarne la coltivazione e per generare sia integrazione di redditi che nuova occupazione anche giovanile. La qualità di questi legumi è eccezionale, in generale si caratterizzano, per bassa percentuale di tegumento e un ridotto tempo di cottura. Hanno un elevato contenuto proteico, alti valori di proteine solforate e tante altre qualità organolettiche.
Gli aspetti economici e il ruolo dei giovani
In questo periodo di crisi economica dovuta alla pandemia, la riprogrammazione di eventuale risorse finanziarie del PSR 2014-2020 disponibili può dare un ulteriore impulso alle piccole imprese per l’incremento della coltivazione dei citati e di altri prodotti tipici locali. Gli ecotipi di legumi calabresi, nella maggior parte dei casi, hanno un ciclo colturale primaverile-estivo; si seminano in primavera e si raccolgono entro la fine dell’estate anche se in alcuni casi la raccolta si posticipa fino all’autunno. Le operazioni colturali, dalla semina alla raccolta, si effettuano in gran parte manualmente lasciando a semplici macchine operatrici le operazioni di preparazione del terreno e di semina ma, nel caso dei ceci, sono completamente meccanizzabili. Le tecniche di coltivazione e di gestione del prodotto sono semplici e facilmente acquisibili dai giovani anche con brevi corsi di formazione come è stato già sperimentato. Inoltre, permettono una organizzazione aziendale del lavoro concentrato in un periodo che comunemente si aggira intorno ai cinque mesi all’anno risultando così allettante per i giovani che possono dedicarsi allo studio e integrare il reddito con altre attività.
Altro vantaggio economico di queste produzioni è che non richiedono grandi investimenti e presentano un rischio d’impresa molto ridotto. Per queste ragioni i giovani imprenditori agricoli possono svolgere un ruolo determinante nel rilancio di questi ecotipi determinando, nel contempo, un ricambio generazionale in agricoltura. In alcuni territori, questi ecotipi di legumi possono svolgere un rafforzamento del ruolo identitario, creando altre opportunità di lavoro extra agricolo che scaturiscono dallo sviluppo di un turismo gastronomico e di prossimità, con tutti i vantaggi economici che ne derivano. I precedenti programmi di valorizzazione realizzati dall’ARSAC con questi ecotipi e altri prodotti tipici hanno determinato l’aumento dei consumatori sia tra i residenti nel territorio regionale che tra i non residenti anche stranieri. All’aumento della domanda di questi prodotti ha corrisposto un prezzo remunerativo che ha stimolato la produzione. Dall’analisi economica della coltivazione di questi ecotipi di fagiolo è emerso che potenzialmente su un ettaro è possibile ottenere un probabile reddito che, a seconda dell’ecotipo, può variare da circa 4.000,00 a circa 8.000,00 Euro al netto dei costi espliciti.
Conclusioni
In conclusione, alla luce delle caratteristiche descritte, anche questi eccellenti ecotipi, oltre a contribuire all’ulteriore affermazione di un’agricoltura a basso impatto ambientale e alla salvaguardia della biodiversità, rappresentano un’altra opportunità di reddito anche per le giovani generazioni. La coltivazione di questi ecotipi, come il Cece nostrano e alcuni ecotipi di fagioli seccagni, in terreni agricoli non irrigui, rappresenta un modo per contrastare il già grave fenomeno dell’abbandono del territorio con tutti i riflessi negativi (incendi, erosione, degrado, ecc.). La coltivazione dei legumi calabresi è perfettamente inserita in aree ricche di peculiarità naturalistiche, paesaggistiche e archeologiche, dove il turismo gastronomico e di prossimità è facilmente coniugabile con altre forme di turismo come quello naturalistico, sportivo e culturale. Attualmente, piccoli produttori calabresi di questi legumi, oltre a svolgere il ruolo di agricoltori custodi della biodiversità ai sensi della L. 194/15, praticano le coltivazioni con tecniche a basso impatto ambientale senza uso di prodotti chimici di sintesi, ottenendo un prodotto di alto pregio che ha già un mercato di nicchia che non avrebbe ostacoli all’espansione.
di Luigi Gallo(*)
(*) Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC) – Ce.D.A. n.2 – Castrovillari (CS)